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Comunicati stampa

Effetti delle statine su LDL-C e rischio cardiovascolare: cosa sappiamo davvero

Pubblicato originariamente: 02 Giugno 2013 — Revisione editoriale: Ottobre 2025

Dialogo sui Farmaci • Revisione clinico-critica per medici e farmacisti

Introduzione

Le statine rappresentano da oltre trent’anni il cardine della prevenzione cardiovascolare farmacologica. Il loro principale bersaglio è il colesterolo lipoproteico a bassa densità (LDL-C), la frazione aterogena più strettamente associata all’incidenza di eventi maggiori (infarto miocardico, ictus ischemico, rivascolarizzazione, mortalità cardiovascolare). In un contesto in cui la medicina di popolazione si confronta con l’invecchiamento demografico, la multimorbidità e la polifarmacoterapia, è legittimo chiedersi cosa sia realmente consolidato – in termini di benefici, sicurezza, appropriatezza d’uso – e quali siano invece le aree in cui la pratica quotidiana rischia eccessi, omissioni o scelte subottimali.

Questa revisione, in stile Dialogo sui Farmaci, sintetizza le migliori evidenze disponibili sull’efficacia delle statine nella riduzione dell’LDL-C e degli eventi aterotrombotici, ne discute i limiti e propone spunti operativi per medici di medicina generale (MMG), specialisti e farmacisti, con attenzione alla gestione dei pazienti complessi e all’uso razionale delle risorse.

Razionale biologico e farmacologico

Le statine inibiscono l’enzima 3-idrossi-3-metilglutaril-CoA reduttasi nella via del mevalonato, riducendo la sintesi epatica di colesterolo e aumentando l’espressione dei recettori per LDL sugli epatociti: il risultato è una maggiore clearance plasmatica di LDL-C. L’effetto sul LDL-C è dose-dipendente ma non lineare (ogni raddoppio della dose aggiunge in media un 6% di riduzione), con differenze tra molecole (potenza e intensità di abbassamento: ad esempio rosuvastatina e atorvastatina sono più potenti di simvastatina, pravastatina e fluvastatina a parità di dose). A questa azione si associano effetti cosiddetti “pleiotropici” (miglioramento della funzione endoteliale, attività anti-infiammatoria, stabilizzazione di placca), la cui rilevanza clinica è meno definita rispetto alla relazione lineare tra riduzione di LDL-C e beneficio cardiovascolare.

Riduzione dell’LDL-C: quanto, come e con quali esiti

Le meta-analisi dei grandi trial randomizzati e dei dati individuali dei pazienti hanno chiarito un punto cruciale: per ogni 1 mmol/L (≈ 39 mg/dL) di riduzione di LDL-C ottenuta con statine si associa, in media, una riduzione di circa il 20-25% del rischio relativo di eventi cardiovascolari maggiori. Questa proporzionalità è stata osservata in molteplici contesti (prevenzione primaria ad alto rischio, prevenzione secondaria dopo sindrome coronarica acuta o ictus ischemico), in uomini e donne, in anziani e nei diabetici.

La traduzione clinica è semplice: a parità di rischio basale, maggiori riduzioni assolute di LDL-C determinano benefici cardiovascolari maggiori in termini di riduzione assoluta di eventi e di number needed to treat (NNT). In prevenzione secondaria, dove il rischio è elevato, gli NNT sono più bassi e l’impatto in termini di eventi evitati è più consistente; in prevenzione primaria, il vantaggio cresce al crescere del rischio stimato (età, pressione, fumo, diabete, storia familiare).

In pratica clinica, le statine di alta intensità (es. atorvastatina 40-80 mg, rosuvastatina 20-40 mg) riducono l’LDL-C del 50% o più; quelle di moderata intensità (es. atorvastatina 10-20 mg, rosuvastatina 5-10 mg, simvastatina 20-40 mg, pravastatina 40-80 mg) del 30-49%. L’aggiunta di ezetimibe (inibitore dell’assorbimento del colesterolo) comporta un ulteriore ≈ 20-25% di riduzione dell’LDL-C e ha dimostrato benefici clinici incrementali in prevenzione secondaria. Le terapie iniettive ipolipemizzanti (inibitori PCSK9) non sono oggetto di questa revisione, ma è utile ricordare che si inseriscono quando, nonostante statina a massima tollerata ± ezetimibe, il target non è raggiunto in pazienti ad altissimo rischio.

Chi beneficia di più: profili di paziente e scenari

  • Prevenzione secondaria: pazienti con cardiopatia ischemica documentata, ictus/TIA ischemico, arteriopatia periferica, rivascolarizzazione coronarica o carotidea. Qui l’uso di statine ad alta intensità è raccomandato di default; i target di LDL-C sono molto stringenti e il beneficio assoluto elevato.
  • Diabete mellito: il rischio cardiovascolare è di norma alto o molto alto. La statina è indicata in prevenzione primaria dalla giovane età in presenza di ulteriori fattori di rischio, e sostanzialmente sempre in prevenzione secondaria.
  • Ipercolesterolemia familiare: l’elevatissimo rischio di vita richiede approccio aggressivo, spesso combinato (statina ad alta intensità + ezetimibe; valutazione precoce per terapia aggiuntiva se necessario).
  • Prevenzione primaria a rischio moderato-alto: la decisione si fonda su calcolatori validati di rischio a 10 anni, sulla presenza di fattori aggravanti (fumo, ipertensione non controllata, malattia renale cronica, storia familiare di eventi precoci) e su valori di LDL-C persistenti elevati nonostante interventi sullo stile di vita.

Obiettivi terapeutici: target o percentuali?

La letteratura e le linee guida convergono su due principi complementari: (1) più basso è l’LDL-C, più basso è il rischio nelle popolazioni ad alto rischio; (2) la riduzione percentuale porta beneficio proporzionale (la “regola del 1 mmol/L”). Nella pratica, per la prevenzione secondaria e per il rischio “molto alto”, molti documenti europei propongono target stringenti (ad esempio < 55 mg/dL e riduzione ≥ 50% rispetto al basale), mentre per il rischio alto si suggeriscono obiettivi meno severi (es. < 70 mg/dL e riduzione ≥ 50%). La scelta consapevole delle priorità (chi trattare con intensità massima, chi con strategia step-up) è centrale per un impiego appropriato delle risorse.

Sicurezza e tollerabilità: cosa dire al paziente

Le statine sono in generale ben tollerate. Le reazioni avverse più discusse riguardano:

  • Miopatia / mialgie: sintomi muscolari (dolore, crampi, debolezza) sono riportati con frequenza variabile, ma la miopatia vera con CK > 10× ULN è rara; la rabdomiolisi è un evento eccezionale. Fattori di rischio: dosi elevate, interazioni (inibitori CYP3A4 per simvastatina/atorvastatina), ipotiroidismo, malattia renale, età avanzata, polimorfismo SLCO1B1 (soprattutto con simvastatina). La gestione prevede rivalutazione clinica, sospensione temporanea in caso di CK elevata o sintomi importanti, rechallenge con dose più bassa o con statina diversa (idrofila vs lipofila), oppure schema a somministrazione intermittente nei pazienti selezionati.
  • Transaminasi: modesti aumenti sono relativamente comuni e spesso transitori; l’epatotossicità clinicamente rilevante è rara. È prudente un controllo biochimico basale e mirato in presenza di sintomi o comorbilità epatiche.
  • Diabete di nuova insorgenza: le statine, specie ad alte dosi in soggetti con sindrome metabolica, possono aumentare modestamente il rischio di diagnosi di diabete. L’entità assoluta del rischio è piccola e ampiamente superata dalla riduzione di eventi cardiovascolari nella maggior parte dei pazienti. Un counselling corretto e il rinforzo degli stili di vita (peso, attività fisica) mitigano il rischio.
  • Eventi rari: alterazioni cognitive soggettive, emorragia intracranica nei grandi anziani, cataratta: i dati complessivi non supportano un nesso causale robusto; va mantenuta sorveglianza e giudizio clinico.

Controindicazioni: gravidanza e allattamento, epatopatia attiva. Cautela in insufficienza renale avanzata (dose-adjustment per alcune statine) e negli anziani fragili con politerapia.

Interazioni farmacologiche e genetica del trasporto

Le interazioni clinicamente più rilevanti interessano statine metabolizzate da CYP3A4 (simvastatina, in parte atorvastatina): macrolidi (claritromicina), azolici (itraconazolo, ketoconazolo), inibitori delle proteasi, nefazodone, succo di pompelmo aumentano le concentrazioni plasmatiche e il rischio di tossicità muscolare. Verapamil, diltiazem e amiodarone richiedono attenzione e, per alcune statine (es. simvastatina), limiti di dose. La pravastatina (non metabolizzata da CYP3A4) e la rosuvastatina (CYP2C9/2C19, trasportatori) hanno un profilo di interazioni diverso e spesso più favorevole in contesti complessi.

Il polimorfismo SLCO1B1 (trasportatore OATP1B1) incrementa l’esposizione a simvastatina acida e il rischio di miopatia alle alte dosi. Non è obbligatorio lo screening genetico, ma il sospetto clinico (intolleranze ripetute con simvastatina) può orientare scelte di molecola/dose più prudenti.

Aderenza e persistenza: il vero “tallone d’Achille”

Il beneficio delle statine è tempo-dipendente: si accumula con la durata del trattamento. Eppure, l’aderenza cala significativamente entro 12-24 mesi dall’avvio, soprattutto in prevenzione primaria. Fattori comportamentali (assenza di sintomi, “fatica da pillole”), paure legate alla sicurezza e comunicazioni fuorvianti contribuiscono all’interruzione. Un counselling strutturato, la verifica attiva dell’aderenza, la semplificazione posologica (una somministrazione serale o libera per molecole a lunga emivita) e la gestione proattiva degli effetti collaterali migliorano la persistenza e, con essa, gli esiti.

Appropriatezza: evitare iper-prescrizione e sotto-trattamento

  • Eccesso in basso rischio: l’avvio di statina in soggetti a rischio basso senza ipercolesterolemia significativa e senza fattori aggravanti produce benefici modesti a fronte di potenziali problemi di aderenza. In questi casi vanno prioritizzati gli interventi sullo stile di vita e un follow-up attivo.
  • Difetto in alto rischio: la mancata intensificazione in secondaria prevenzione o in pazienti con LDL-C persistentemente elevato rappresenta un’occasione mancata ad alto costo clinico; qui l’obiettivo è raggiungere target ambiziosi con titolazione della statina e, se necessario, aggiunta di ezetimibe.
  • Scelta della molecola: preferire molecole e dosi con miglior equilibrio potenza/profilo d’interazioni per il singolo paziente (es. rosuvastatina o pravastatina nella politerapia complessa).
  • Follow-up laboratoristico mirato: colesterolo totale/HDL/LDL a 4-12 settimane dall’avvio o dal cambio dose; CK e transaminasi solo in presenza di sintomi o condizioni a rischio.

Popolazioni speciali

  • Anziani ≥ 75 anni: il beneficio relativo permane, ma l’assoluto dipende da fragilità, comorbilità e aspettativa di vita. In prevenzione secondaria la statina resta indicata; in primaria la decisione è personalizzata.
  • Malattia renale cronica: preferire statine con profilo favorevole e adeguare la dose (rosuvastatina richiede aggiustamento). L’evidenza supporta la riduzione del rischio CV maggiore più che la progressione della nefropatia.
  • Malattia epatica: controindicate in epatite attiva; nella steatosi/steatoepatite non alcolica le statine sono generalmente sicure e utili sul rischio CV.
  • Gravidanza e allattamento: controindicate; sospendere e considerare alternative non farmacologiche.
  • Intolleranza alle statine: confermare il nesso, tentare rechallenge con altra statina o con schema a giorni alterni; valutare ezetimibe in aggiunta o in alternativa se il rischio è elevato.

Impatto economico e uso razionale delle risorse

Le statine sono oggi ampiamente disponibili come generici a basso costo; il rapporto costo-efficacia è molto favorevole in prevenzione secondaria e nella primaria ad alto rischio. L’ottimizzazione passa dalla corretta identificazione dei candidati (valutazione del rischio), dall’uso di dosi adeguate per raggiungere target realistici e dalla riduzione di sprechi legati a prescrizioni inadeguate o a scarsa aderenza. L’integrazione con interventi non farmacologici (cessazione del fumo, dieta mediterranea, esercizio fisico) amplifica il beneficio e migliora la sostenibilità.

Messaggi chiave per la pratica

  1. La riduzione di LDL-C è il driver del beneficio: ≈20-25% di riduzione del rischio per ogni 39 mg/dL in meno, con maggiori guadagni assoluti nei pazienti ad alto rischio.
  2. Prevenzione secondaria: statina ad alta intensità come standard; puntare a riduzioni ≥50% e target molto bassi di LDL-C; aggiungere ezetimibe se necessario.
  3. Prevenzione primaria: basare la decisione su rischio assoluto, valori di LDL-C e fattori aggravanti; evitare medicalizzazione inutile nel basso rischio.
  4. Sicurezza: gli eventi seri sono rari; la gestione proattiva delle mialgie e il controllo mirato di CK/transaminasi consentono di mantenere il trattamento nella maggior parte dei pazienti.
  5. Interazioni: attenzione a inibitori del CYP3A4 (simvastatina/atorvastatina). Valutare molecole alternative e limiti di dose; rivalutare sempre la politerapia.
  6. Aderenza: è la variabile dimenticata. Informare, semplificare, verificare regolarmente; personalizzare il regime in caso di intolleranza.

Conclusioni

Le statine restano uno degli interventi farmacologici con il miglior rapporto beneficio/rischio in medicina cardiovascolare. L’evidenza che collega la riduzione di LDL-C alla riduzione degli eventi è solida, riproducibile e clinicamente significativa. L’appropriatezza – scegliere chi trattare, con che intensità, fino a quali obiettivi – e la gestione attiva della tollerabilità fanno la differenza tra una terapia “prescritta” e una terapia “efficace”. Per medici e farmacisti, la sfida quotidiana è coniugare linee guida, preferenze del paziente e contesto clinico, perseguendo un obiettivo semplice: meno LDL-C, meno eventi, con il massimo di sicurezza e adesione.

Fonti essenziali

  • Cholesterol Treatment Trialists’ (CTT) Collaboration. Efficacy and safety of LDL-lowering therapy: meta-analyses of statin trials. The Lancet.
  • CTT Collaboration. Interpretation of the evidence for LDL cholesterol and cardiovascular risk: individual patient data. PubMed.
  • Stone NJ, et al. 2018/2019 cholesterol guidelines (ACC/AHA) – management of blood cholesterol. AHA/ACC.
  • European Society of Cardiology (ESC) / European Atherosclerosis Society (EAS). Dyslipidaemias guidelines. ESC/EAS.
  • Ministero della Salute / ISS – Prevenzione cardiovascolare e gestione delle dislipidemie (documenti e Q&A). ISS.
  • AIFA – Schede tecniche e Note di appropriatezza (es. Nota 13) sulle statine. AIFA.
  • Cannon CP, et al. Ezetimibe added to statin after ACS (IMPROVE-IT). NEJM.
  • NICE – Lipid modification: cardiovascular risk assessment and the modification of blood lipids. NICE.

Le fonti sopra elencate rappresentano riferimenti primari e linee guida di sintesi. Le percentuali di riduzione del rischio per 1 mmol/L di LDL-C in meno derivano da meta-analisi su dati individuali. I target riportati sono coerenti con i documenti europei più recenti; adattamenti locali possono essere previsti da indicazioni nazionali/regionali.

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